Il reato di stalking è ravvisabile anche in caso di condotta reiterata per un solo giorno

Il reato di stalking è ravvisabile anche in caso di condotta reiterata per un solo giorno
08 Maggio 2017: Il reato di stalking è ravvisabile anche in caso di condotta reiterata per un solo giorno 08 Maggio 2017

Il reato di atti persecutori (c.d. stalking), previsto dall’art. 612 bis c.p., punisce la condotta di chi, ponendo in essere una serie di comportamenti ripetuti ed intrusivi, quali molestie, minacce, pedinamenti, telefonate, attenzioni indesiderate e via dicendo, crea nella vittima un perdurante e grave stato di ansia e di paura ovvero il fondato timore per la propria incolumità ovvero, ancora, la costringe a modificare le proprie abitudini di vita.

Troppo spesso preludio di ulteriori gravissimi delitti, il reato in esame è stato oggetto di numerosissime pronunce della Corte di Cassazione, che nel tempo ne hanno chiarito gli elementi costitutivi.

Da ultimo, con la sentenza n. 16205/17 depositata in data 31 marzo 2017, il Giudice di legittimità ha individuato anche il minimum temporale di reiterazione della condotta, affinché il reato possa considerarsi consumato.

Nel caso di specie, l’imputato aveva posto in essere una serie di atti persecutori nell’arco di circa una ventina di giorni.

In particolare, le condotte dell’imputato, consistite nell’essersi appostato sotto l’abitazione della vittima e nell’aver scritto frasi a sfondo sessuale sulla sua autovettura e sul suo portone di casa, l’avevano costretta a mutare le proprie abitudini di vita, facendosi raggiungere dalla madre, che abitava a qualche centinaio di chilometri di distanza, ed abbandonando per alcune notti il proprio domicilio.

La vittima, inoltre, era caduta in un grave stato di ansia e timore che le aveva causato difficoltà al lavoro, insonnia ed una rilevante perdita di peso.

Il Giudice per le Indagini preliminari, però, aveva erroneamente riqualificato il reato di stalking, di cui all’imputazione, in quello meno grave di molestie previsto dall’art. 660 c.p..

Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano, quindi, era ricorso in Cassazione avverso la suddetta sentenza.

I Giudici di Piazza Cavour, accogliendo l’impugnazione, hanno invece ravvisato nelle anzidette condotte la consumazione del più grave delitto di atti persecutori.

Ai fini della sua configurabilità, infatti, “è sufficiente il realizzarsi di anche uno solo degli eventi alternativamente previsti dall’art. 612 bis cod. pen.” (il perdurante e grave stato di ansia e di paura della vittima ovvero il fondato timore per l’incolumità propria, di un prossimo congiunto o di persona legata da relazione affettiva ovvero ancora l’alterazione delle proprie abitudini di vita).

Inoltre, secondo la Cassazione, le condotte di minaccia e molestia sono punibili anche se “reiterate in un arco di tempo molto ristretto, a condizione che si tratti di atti autonomi e che la reiterazione di questi, pur concentrata in un brevissimo arco temporale, una sola giornata, sia la causa effettiva di uno degli eventi considerati dalla norma incriminatrice”.

Alla luce di tali principi, quindi, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di primo grado e rinviato l’imputato per il giudizio avanti la Corte di Appello di Milano.

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